domenica 18 dicembre 2011

L'idea



Ci sono delle persone, delle idee di persone che,  purtroppo, non si scordano mai…
Non sono quelle sul primo amore, che finisci per odiare perché ti fanno sentire umiliato e stupido…No, queste sono idee di persone che chissà che fine hanno fatto, sono semplici idee che sai che sono lì dentro di te, ingombranti ed invadenti, che vivono e che respirano come le persone vere e che senti convivere con tutto ciò che sei dentro quell’angusto spazio che sei tu…e c’è così poco spazio…
Anche se tutto finisce perché non c’è nulla di più instabile della vita stessa…certe idee restano, intatte nel tuo modificarti…tu cambi, ti evolvi, mentre quelle idee restano lì, occupano sempre lo stesso spazio nella tua vita e se le accantoni… scalpitano poiché stanno strette, perché  percepiscono che gli stai attribuendo poco valore.
Vivo periodi di variegata intensità emotiva…ma io una idea così ce l’ho…quella idea lì resta…quell’idea lì non cambia, non si trasforma, non muta…quell’idea lì  sei Tu…
Forse, imprimendoTi con l’inchiostro nero su questo foglio bianco, mi libererò di Te…forse, invece, farei bene a coccolarTi un po’ di più, a cullarTi, a cantarTi qualche ninna nanna per prolungare infinitamente la tua permanenza in me.
Sono stanca di tenerti qui, Idea mia, ma se dovessi andar via mi sentirei vuota…
Vorrei tanto correre il rischio e provare cosa significa essere libera; ma no…meglio non tentare.
Sarà colpa del tuo impeto, così forte ed irrompente…ma io non ho mai amato un’idea quanto Te.
Tu, così magica e misteriosa, da essere al contempo capace di comparire e sparire, di consistere e di non esistere in alcun luogo e in alcun tempo…un’idea così ineffabile da non sussistere affatto…così palpabile da essere dappertutto…
E io Ti amo come il primo giorno, come il primo istante in cui Ti ho percepita…
Sei Tu che non te ne vai, che mi fai compagnia nei momenti bui e in quelli di luce e che mi sei fedele…sei l’unica cosa che non mi ha mai lasciata e che mi è amica…
La persona che è la base fisica e materiale di Te è….semplicemente una persona, oramai lontanissima…ma, al posto suo, ci sei Tu, Tu che resti sempre qui, attimo dopo attimo, minuto dopo minuto, ora dopo ora, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno…fedele come un cane, e sempre più distante e differente dal soggetto dal quale nasci e prendi vita e che quasi non ricordo più.
Lui, lasciandomi, mi ha voltato le spalle incamminandosi verso la sua vita. Il sole era accecante quel giorno ed io ricordo di aver abbassato lo sguardo verso l’asfalto per nascondere le lacrime e di aver accennato un saluto d’addio all’ombra del mio amore che andava via…poi d’improvviso Tu, davanti a me, sorridente, materna, disponibile ed io, che avevo un vuoto incolmabile dentro di me, ti ho accolta a braccia aperte.
Da quel giorno gelosamente ti custodisco in me, come un segno che non oso cancellare, come un ricordo che talvolta ritorna alla mente…se solo potessi controllare la mia mente e mandarti via…e invece no.
Quando sono in crisi Tu riaffiori sempre, sempre puntuale…non mi deludi mai e rimani costantemente l’alternativa più fantastica alla mia infelicità.
Vorrei ardentemente scacciarTi via perché nulla mi ha fatto soffrire quanto quello che Tu rappresenti…ma così, né vicina né lontana, sei così dolce, così speciale, così adorabile…che Ti desidero qui accanto a me, ancora più vicina, se possibile.
Se dovessi abbandonarmi troppo a Te potrei certamente impazzire…io, sì…già conosco quanto la tua forza sia distruttiva se le do modo di imporsi.
Quante volte ho ceduto, e quanti errori commessi a causa Tua!
E adesso? Adesso sono al punto di partenza, perché non faccio altro che pensarTi!
Se avessi potuto scegliere tra il conoscerTi o meno, giuro che non avrei avuto dubbi: nonostante tutto il male, io Ti adoro e Ti voglio accanto così come sei: luminosa nel Tuo splendore, docile nella Tua dolcezza, aspra nella Tua crudeltà, bella nella Tua semplicità…
Sei una semplice idea, forse un sogno, il castello fatato che a noialtri non è dato sapere come raggiungere, il rifugio dove tutti noi avremmo voglia di nasconderci, la felicità più assoluta che nessuno di noi ha mai avuto il piacere di provare…e allora dovrei pensare che forse non sei dentro di me, forse non sei così vicina, perché non c’è modo per me di arrivare a Te…
Sono così infelice che non so più dove volgere il mio sguardo…non so dove se non verso di Te!
Adesso non vedo niente tranne che me, sul picco di una montagna ripida…e sono indecisa tra il volare via, veloce, sicura, travolta dal vento…e il tornare indietro, giù per il sentiero ma…sconfitta, piccola piccola quanto un granello di terra che si può facilmente pestare.
Cosa fare?
Per ora respiro che è già tanto….domani, o chissà quando, oltre a respirare riprenderò a sorridere.
E allora Tu potrai finalmente ritornare in letargo.
Talvolta temo che non esista più letargo per Te….che Tu possa farti troppo forte per me…o che io diventi incapace di domarTi….
Per ora non mi preoccupo di tale eventualità e lotto contro la tentazione di agguantarTi e stringerTi…
Ma se poi….
No, non devo e …Tu non devi.
Tu, però, resta…e trattieni accanto a te la mia paura di viverTi.
Se mi convinco che tornerai, tu lo farai perché mi conosci troppo bene.
Se Ti dico che non ho tempo per te, allora Ti accontenterai dei momenti brevi che Ti dedico quando mi ritorni in mente.
E allora sì, meglio continuare a far finta di niente…dal momento che ciò che si cela dietro, e dentro di Te è un errore che già troppe volte ho commesso.
Come vorrei andassi via…no…Ti tengo qui….che senza di Te è probabile che io non esista.
Lo so bene che tra me e Te…
Tu vinci e sempre vincerai…non ho armi per combattere un nemico che amo più di me stessa.

CON AMORE E NOSTALGIA A TE,
DOLCE IDEA MIA.



© Ambra De Prisco



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Il BaraTtolo di Vernice



E’ un po’ di tempo che Carlo si guarda intorno. Sta svolgendo un lavoro empirico, fatto di induzione ed esperienza sul campo. Scruta, rimugina, formula e applica le intuizioni alla sua persona. La materia di studio è principalmente lui, e le persone che lo circondano. Osservare gli fa bene, riesce a dare voce a concetti timidi ed embrionali quando vede le persone intorno a lui muoversi. A scuola gli hanno insegnato che ogni individuo è un universo a sé, unico ed irripetibile, ma nessuno gli ha mai detto che gli uomini che compongono il genere umano, nella loro diversità, conservano alcuni tratti comuni.
 Carlo si è guardato bene attorno, ed è certo che quello che dice è vero; oltretutto, essendo egli stesso un esemplare della specie umana, ha analizzato le sue impressioni partendo prima di tutto da se stesso, per poi applicarle agli altri.
Non vuole offendervi, anzi. Spera di aiutare tutti noi a fare una seria e profonda analisi di noi stessi. Aprite le vostre menti come ho fatto io, perché bisogna essere ben disposti per accettare l’ipotesi ch'egli avanza.
Secondo lui, l’essere umano è lamentoso, rumoroso, inerme, impotente e momentaneo, sente sempre il bisogno di compatirsi, e di farsi compatire ma sopra ogni cosa è insoddisfatto della sua vita, comunque essa sia. Anziché affrontare le diffcoltà, resta immobile e si guarda intorno e, nel corso della sua vita, è per lo più disperato. Quando le cose si complicano, va in crisi...resta imbambolato e tende la mano in cerca di aiuto: aspetta che qualcuno passi, lo ascolti attentamente e colga il problema, attende trepidante il passaggio di chi possa porgergli un barattolo di vernice, contenente la risposta ai suoi guai. Il barattolo, si. Una versione moderna del vaso di Pandora che, anziché contenere i mali del mondo, cela in sé la “soluzione”, la vernice, appunto. Se poi la soluzione di vernice è anche di un colore gradevole, cosicché si possa essere soddisfatti della tinteggiatura dell’ambiente ancora meglio, per chi non è stato capace di fare da sé. Solito copione, valevole per il genere umano tutto: ad una perdita, all’insoddisfazione, all'infelicità o ad una malattia,  fa seguito la crisi. Alla crisi segue l’attesa, la speranza di incontrare l’incarnazione di uno dei Re Magi che benevolmente ci porgerà il suo dono, la soluzione alla causa del nostro stato di infelicità o d’insoddisfazione, quella soluzione magicamente capace di risollevarci, di cambiarci la vita, di renderci di nuovo felici.
Carlo crede fermamente che questa è l’unica cosa che l’uomo sia veramente in grado di fare: appena prende coscienza di ciò che gli è accaduto si dispera, si dimena, va nel pallone e non sa che pesci prendere. Chiede consiglio, perché è fermamente convinto che una persona esterna sia più razionale, meno coinvolta. Ovviamente si rivolge ad una persona che stima e attende, in silenzio. Una volta ricevuto il consiglio (la soluzione, la vernice) tinteggia la camera con il colore che gli è stato proposto e osserva: alcune volte è soddisfatto altre, anche se non lo dice apertamente, la vernice non gli piace, perché non si adatta all’arredamento. Perché non l’ha scelta lui.
Come può l’uomo negare la propria natura? Come può l’uomo negare a se stesso il potersi lamentare, l’odiare prendere decisioni importanti, ed il lamentarsi dopo aver seguito un consiglio rivelatosi sbagliato? E come può privarsi dei sogni, che gli colorano la vita? Come può non lamentarsi, poi, quando nessuno di questi si avvera, sebbene non abbia fatto nulla per realizzarli? No, non riesce proprio a farne a meno.
Carlo espone la sua teoria con forza: sa di aver puntato il dito contro la specie umana e, per forza di cose, contro sé stesso; è un essere umano anche lui e in quanto tale, conserva le caratteristiche degli altri componenti della stirpe: ama compatirsi e odia prendere decisioni radicali. O almeno, amava compiangersi fno a quando non è stata proprio la sua vita ad imporgli un cambiamento totale.
Carlo ha passato la prima metà dell’anno 2005 disteso sul divano, a guardare la televisione e ad aspettare una telefonata, dopo della quale tutto sarebbe dovuto tornare al suo posto. Nel frattempo, voleva solo rilassarsi e non accumulare tensione alcuna.
Veniva da un anno di grandi conquiste, sia in ambito privato che lavorativo. Finalmente era stato selezionato da un’azienda importante, per un lavoro gratifcante sebbene fosse a tempo determinato, e al contempo aveva trovato l’amore della sua vita. Insomma, non poteva desiderare altro. 
La felicità, però non è MAI un SEMPRE e a dicembre arrivò la repentina battuta d’arresto: quel lavoro che l’aveva costretto ad un anno di iperattività caratterizzato da tempi andanti, ritmi intensi e crash ridondanti volgeva al termine e lo costringeva al silenzio, almeno fino a nuova partitura da eseguire.
Nel suo futuro momenti romantici alternati all’apatia totale, dovuta all’impossibilità di trovare un’altra occupazione altrettanto ragguardevole, data la crisi economica mondiale. Carlo si sentiva come dopo una stagione teatrale quando, a sipario calato, gli attori vengono congedati fino alle audizioni per il nuovo spettacolo. Le strade dei protagonisti della scena sono costrette a separarsi e gli attori scelgono il momentaneo da farsi: chi si da al corso di dizione, chi prende parte a piccole produzioni, chi ritorna dalla propria famiglia e chi, decide di rilassarsi, di non dedicarsi a nulla, nemmeno ai propri interessi, nemmeno alle cose che lo fanno star bene.
C’è chi decide di fare come lui, di crogiolarsi, di compatirsi, di lamentarsi senza agire; chi, come Carlo, decide di regalare alla tappezzeria del divano 186 giorni della sua vita. 
Carlo era annoiato e sapeva bene che non avrebbe trovato facilmente un altro lavoro; poteva, però, dedicarsi ad un hobby, darsi alla lettura o alla scrittura, ad esempio. E invece niente, a parte lo sbuffare ed il lamentarsi, il compatirsi, il compiangersi. Carlo ha deliberatamente deciso di non dedicarsi a nulla e di restare in attesa di quella telefonata che avrebbe preannunciato il suo ritorno a quel "determinato" lavoro, non importava quanto ci sarebbe voluto. 
Volendo essere positivo, i suoi sei mesi “supini” erano volati a furia di intervallare i suoi sbadigli ad un flm, un’uscita con gli amici, una chiacchierata o la Wii. La realtà è che i suoi sei mesi “supini” sono passati tra un lamento, un litigio, uno sfogo, una sfuriata, il nervosismo, la rabbia e la noia. 
E proprio quando era sull’orlo di una crisi di nervi, ecco arrivare quella telefonata.
 La notizia del ritorno a lavoro fu un evento straordinario per lui, considerato lo stato mentale ed emozionale in cui verteva. Era felice e si sentiva pieno perchè aveva nuovamente tutto: il lavoro, l’amore, gli amici e la salute. 
Anzi no. 
La sua prima settimana in azienda coincise con alcune analisi di routine a cui normalmente si sottoponeva, che gli rivelarono inaspettatamente la presenza di un brutto male.
La salute non ce l’aveva più, l’aveva abbandonato, senza preavviso. E lui non ci aveva capito niente, non aveva notato niente, nemmeno quell'escrescenza così evidente sulla sua pelle.
Carlo non credeva si fosse obbligati a barattare la perfezione con la realtà, non credeva fosse impensabile avere tutto dalla vita, contemporaneamente.
E invece lo è, perché la perfezione non può esistere nel mondo reale. Tanto meno nel suo. 
Fu costretto a fermarsi. Niente lavoro, niente uscite, nessuno svago.
In quel frangente era la sua vita ad imporgli la noia e l’apatia. Fu forzato a stendersi a letto e a fare da tappezzeria al suo divano, stavolta perché non aveva la forza per alzarsi.
I dottori gli consigliarono di evitare lo stress, gli dissero che non doveva stancarsi, che doveva riguardarsi. Fu obbligato a non lavorare, proprio durante il periodo della rassegna teatrale, e dovette rinunciare al ruolo principale. Fu perciò costretto a regalare alla tappezzeria del divano altri 127 giorni della sua vita. 
Sono stati mesi diffcili quelli, mesi in cui Carlo non si è potuto nemmeno permettere di piangere o di compatirsi, perché tutta la forza d’animo e il coraggio che aveva dovevano essere investite nella lotta contro la malattia. Alla fine di quei lunghissimi, estenuanti 127 giorni Carlo ce l’ha fatta, ha vinto la malattia ed è potuto ritornare alla vita di sempre, anche se sapeva che mai più nulla sarebbe stato come prima.
Non si può restare illesi dopo uno scontro mortale; si è già fortunati se si sopravvive. La vita l’aveva costretto a barattare la perfezione con la realtà, e Carlo aveva promesso a se stesso che non si sarebbe mai più lasciato scorrere sul divano in attesa della grande emozione, aveva giurato a se stesso che non avrebbe mai più sprecato tempo a lamentarsi e che avrebbe deciso saggiamente come spendere ogni istante: doveva smettere di commiserarsi, e cominciare ad esistere, sul serio questa volta.
Dovremmo tutti smetterla di compatirci e di mostrarci lamentosi, rumorosi, inermi ed impotenti, ma sopra ogni cosa insoddisfatti della nostra vita. Potremmo smetterla di commiserarci, e cominciare a vivere, la cosa non sarebbe male.
Ma c’è un però.
La sua insegnante di storia glielo diceva spesso: le più grandi catastrofi sono riuscite ad insegnare poco al genere umano, che velocemente impara ed altrettanto velocemente dimentica. Nonostante i buoni propositi e gli insegnamenti della vita, che velocemente scordiamo, restiamo quelli che amano compiangersi e odiano prendere decisioni radicali. Io confido nel potere dell’uomo di essere artefce del proprio destino, di saper essere reattivo, forte, deciso e coraggioso all’occorrenza, nonostante le avversità. E confido nell’esperienza, che insegna il valore della vita. Ma l’uomo è prima di ogni altra cosa un animale, benché sia evoluto. Può emanciparsi e dar prova delle proprie virtù, può accantonare il suo essere costantemente propenso ad assecondare il suo temperamento ma, sebbene disponga dei mezzi per contrapporsi ad esso, ci riesce solo per brevi periodi, intermezzi durante i quali da ampio sfogo al suo Io coraggioso ed intrepido.
Un Io con un’autonomia limitata, che prima o poi crolla e chiede un sostegno, un aiuto. Che prima o poi comincia a lamentarsi per l’eccessivo peso sulle sue spalle e a compatirsi e compiangersi perché si sente abbandonato, lasciato solo con la sua tragedia personale. Mi piacerebbe immaginare uno scenario differente, ma temo che Carlo abbia ragione: non saremo mai in grado di andare contro la nostra imperante essenza. Può l’uomo negare la propria natura? No, proprio non può. A breve anche Carlo dimenticherà il dolore e classifcherà come “incubo” quel tragico intermezzo. Il dolore si tramuterà in ricordo e la normalità riacquisterà il sapore aspro e fastidioso di sempre: Carlo ritornerà alla quotidianità e, al minimo intoppo, si avvilirà e sbufferà, come prima. Ciò che lo rende un privilegiato, però, è che è consapevole che tutto questo gli accadrà e che nulla potrà fare contro il Sè stesso che gli governa l'animo.
Carlo ha deciso che si piegherà allo stato delle cose: sbufferà, si lamenterà, si compiangerà e si rammaricherà per ogni stupido intoppo perché poco altro potrà fare.
Gli ho consigliato, però, di dimenarsi in piedi, di evitare di farlo da supino, soprattutto disteso quel maledetto divano, perché tutto quello che ha dovuto passare potrebbe ritornargli in mente il tempo necessario a rovinargli la giornata e conoscendolo so che è una cosa che proprio non potrebbe sopportare.






© Ambra De Prisco



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Prima di essere Qui






Le emozioni scivolano,
Come il tempo passano.
Forte battito…
D’ali.
Oscura direzione,
Volo senza una meta, verso l’ignoto…
Nella speranza di trovarlo.
Petalo dopo petalo si sfoglia la vita
Un alito…
Di vento soffia sulla mia pelle
Ed io m’inebrio di tale inconsistenza dei sensi.
Volgo lo sguardo a te, sollevati.
Sì, elevati da questo stato
Di perenne insoddisfazione e….
Riga la tua pelle.
Accarezza la semplicità,
Assapora gli istanti
Vivi come mai hai fatto
O come avresti voluto prima di essere qui,
Con me.

© Ambra De Prisco



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AmAre è un'Arte





Amare è un’arte.
L’amore trasforma, plasma.
Rende argilla, modellabile dalle mani dell’amore.
Rende vulnerabili, inermi, distruttibili.
Rende prodi, impavidi, coraggiosi.
L’amore è l’unica cosa per cui l’uomo ritiene valga la pena lottare, perché l’amore vale tutte le pene che infligge.
Pur senza ricavarne giovamento alcuno, l’uomo ama.
E l’amore lo ripaga rendendogli indietro patimento e sofferenza.
Nonostante ciò, l’amore resta il dolore più bramato ed ambito.
E l’uomo ama soffrire per amore.
L‘amore mette alla prova resistenza e nervi, sfida il tempo e la ragione, sovverte l’ordine naturale delle cose, semina caos e turbamento.
Eppure l’uomo sfida se stesso pur di agguantarlo.
L’amore, però, è schivo, disilluso, guardingo.
Non si mostra agli occhi superficiali e frettolosi, sa che da essi potrà ricavare breve appagamento.
Egli si regala solo a coloro i quali sanno attendere, a coloro che sanno sfidare le regole e chiedono di mettersi in gioco.
L’amore ama i prodi e odia i codardi.
L’amore ama la costanza e odia l’instabilità.
L’amore ama il sacrificio e odia il formalismo.
E ama l’uomo che supera le sue prove.
Non può amare chi si arrende a metà strada, chi rinuncia all’amore.
L’amore può amare soltanto chi ama e chi si regala all’amore.
L’amore resta ammaliato dalle gesta delle persone comuni, che mettono a frutto i suoi insegnamenti.
Capita che resti sconcertato dalla naturalezza con la quale le persone amano, senza  particolare impegno.
Ed è lì che l’amore comprende la sua forza.
S’irrigidisce e si lancia contro coloro i quali si sforzano di amare e non sanno farlo.
Diventa implacabile, e scaglia contro di loro la pena di non ricevere mai amore.
Si addolcisce invece, verso coloro i quali amano senza attendere nulla in cambio e donano il loro cuore incondizionatamente.
Diventa magnanimo, e regala loro l’immensa gioia del sentirsi amati.
Voi siete ciò che l’amore ama.
L’amore vi ama, Teresa e Giovanni, vi ama.
Ama ciò che avete fatto per lui, e ve ne è riconoscente.
Ama i vostri sforzi, i vostri sacrifici, la vostra determinazione, la necessità che avete uno dell’altro.
Regnerà nella vostra casa, e vi osserverà soddisfatto.
Talvolta si appisolerà, tranquillo di potersi prendere una distrazione, e trarrà giovamento dalla vostra unione.
L’amore si alimenterà col vostro amore, e vi regalerà altro amore.
Ed io non potrò che essere testimone di questo prodigio dell’amore che siete voi due, insieme.


© Ambra De Prisco

   


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La CioCcolata

 Lo stereo acceso copre il fracasso dei clacson e dei motori mentre la radio ci tiene compagnia in questa meravigliosa giornata di sole.
Napoli è una città estiva, fatta di strade dipinte di colori e vivacità. L’inverno non le fa onore; il grigiore del tempo si fonde con quello dell’anima dei suoi cittadini, afflitti dall’onnipresenza della pioggia e desiderosi di vivere l’animosità delle strade, che si ripopolano nei mesi caldi.
Marco ed io stiamo andando in centro, io sono seduta al suo fianco e lo osservo mentre guida l’auto. Mi piace da impazzire. Mi è sempre piaciuto tanto.
A volte mi fermo a riflettere, e mi rendo conto che nonostante io lo conosca da dieci anni, Marco mi riesce ogni giorno a fare lo stesso effetto.
Nonostante gli anni passino in fretta e la monotonia incomba sul nostro rapporto, io non riesco a smettere di guardare Marco e di pensare che mi piaccia ancora da morire.
Mi emoziono ogni volta che lo vedo e sono allegra ogni volta che facciamo conversazione, cosa che capita un milione di volte al giorno.
Ricordo che la prima volta che l’ho incontrato, dieci anni fa, non mi fece alcun effetto, anzi mi fu addirittura indifferente.
Ero una ragazzina, allora. A parte qualche cotta adolescenziale, non avevo ancora idea di cosa significasse il groppo alla gola o il battito accelerato dovuto all’innamoramento.
Eppure quell’incontro mi ha cambiato la vita.
Marco è in ogni sguardo che rivolgo alle persone, in ogni parola che dico, in ogni attimo che vivo, in ogni opinione che esprimo, in ogni battito del mio cuore, in ogni respiro che faccio.
Marco è la mia naturale continuazione. Marco è la mia anima gemella.
Mi ha insegnato tutto. La mia amica Rosa dice spesso che non c’è episodio significativo della mia vita che, naturalmente o forzatamente, non possa essere ricondotto a Marco, e come darle torto!
L’ho conosciuto quando avevo venti anni e mi occupavo solo della scuola e della musica e con l’amore non avevo avuto ancora a che fare.
Dal momento in cui ho incontrato la sua anima, il mio cuore non si è mai allontanato da lui.
Io sono stata altrove, ho fatto le mie esperienze, i miei errori, la mia vita. Ma il mio cuore è sempre stato lì, con Marco.
Non ci ho messo molto a capire che quella persona, ai tempi sconosciuta per me, aveva qualcosa di speciale. Qualcosa che nemmeno anni di assenze e silenzi avrebbero potuto cancellare.
Se è vero che il fare la sua conoscenza non mi scombussolò la vita, Marco riuscì a conquistarmi in meno di due settimane, e alla fine fui io a diventare dipendente dalla sua presenza.
Il tempo passato con lui magicamente volava via, come uno stormo che migra sorpassando il mare e il sorvolare tutta quell’acqua salata accresceva in me la sete di lui.
E’ così scostante all’apparenza che non si sa come bisogna prenderlo; sembra altezzoso, distante, criptico, disinteressato a quello che gli gira intorno.
Non è esatto dire che l’apparenza inganna. L’apparenza è solo uno scrigno, chiuso con un lucchetto.
Bisogna impegnarsi per indovinare la combinazione se si vuole andare oltre ciò che meramente appare.
Senza indizi, aprire il forziere è un compito ineseguibile, e Marco decise di rendermi noti solo i primi numeri della combinazione tenendo per sé il resto, in attesa di vedere quali sarebbero state le mie mosse.
Io riuscii a criptare il messaggio ed aprii il baule.
Quel distacco, quel silenzio, quella riservatezza che lessi durante il primo incontro erano reali, ma rappresentavano solo una piccola parte di quel meraviglioso universo.
L’essere entrata nelle grazie del re del riserbo fu davvero un traguardo per me, e avendo ottenuto un posto al suo fianco non avevo intenzione di perderlo.
Non era importante cosa facessimo, i minuti che si susseguivano sembravano tutti attimi perfetti, perfettamente intarsiati da risate e carezze.
L’idea di essere amici non ci ha mai sfiorati; erano le nostre mani, le nostre labbra, i nostri sensi che si sfioravano invece, continuamente.
E più si conoscevano e meno potevano allontanarsi gli uni dagli altri.
L’odore della sua pelle e la sua voce mi sono rimasti impressi sull’epidermide e nelle orecchie per tutto il tempo, passato vicino o lontano da lui.
Marco è l’adrenalina, l’amore, la passione, la compatibilità, il rispetto, l’armonia, l’arte, la gioia, la forza, la comprensione che mi serve nella vita.
È l’ossigeno. Non so come ho fatto a vivere senza aria per tre anni, adesso che respiro.
Ebbene sì, quando la vita decise di separarci, lo fece in pompa magna. Non ci parlammo e non ci incontrammo per tre lunghissimi anni.
Forse c’era qualcosa che dovevamo imparare stando separati.
I dolori e le esperienze che hanno intervallato la nostra separazione, ci hanno reso capaci di accoglierci con amore e rispetto.
La mancanza e la nostalgia sono stati gli ingredienti segreti della ricetta del nostro amore.
Durante la permanenza alla sua corte, il Re del riserbo mi rimpinzò di prelibatezze e leccornie.
Quando fui costretta ad abbandonare il palazzo reale, mi fortificò scoprire che potevo sopravvivere anche senza inghiottire le squisitezze che erano servite al suo banchetto, ma stare a digiuno dopo aver assaporato le bontà della tavola è una condanna a morte.
A dire il vero si sopravvive, talvolta si deve, ma il cibo che si ingerisce per alimentarsi non ha più quel gusto e non arreca lo stesso stato di soddisfazione, sazietà e godimento.
Mi fa soffrire pensare a quanto l’orgoglio ci influenzi la vita, ma la propria sopravvivenza ha la priorità rispetto al compiacere gli altri.
Bisogna ammettere che il proprio benessere è al primo posto fra gli obiettivi dell’essere umano, e non è certo possibile sacrificare le proprie necessità a favore della soddisfazione di quelle degli altri, a maggior ragione quando l’assecondarle arreca sofferenza.
Ecco perché quando ho tentato di rendere felice Marco e Marco voleva far felice solo se stesso, ho dovuto arrendermi.
Ho abbandonato la battaglia quando ero oramai stremata, sola e senza armi. Di fronte a me un impavido cavaliere ancora con l’armatura e la spada era pronto ad attaccare, nuovamente. L’ho guardato, gli ho sorriso, mi sono voltata e sono andata via, per la mia strada.
In una notte dalla nube fitta, ho percorso una via ripida, in salita, piena di buche, di fango, di sassi, di piante spinose che mi hanno ferita ad ogni passo.
Quando sono giunta sul sentiero, è finalmente sorto il sole.
Nonostante la fatica e le lesioni sul mio corpo, non ero stanca e mi sentivo pronta per correre verso la felicità.
Mancava qualcosa, però. Qualcosa che avevo lasciato all’inizio del cammino.
Non ho avuto paura di tornare indietro e di affrontare la foschia di nuovo, forte dell’esperienza acquisita.
Sono andata a riprendermi Marco, con tutta la forza ed il coraggio che avevo.
Stavolta volevo renderlo felice, e rendere felice anche me.
E Marco era pronto a realizzare la sua felicità in me.
Probabilmente aveva percorso lo stesso sentiero, ma il buio non ci aveva permesso di intravederci.
Da allora non ci siamo più separati, e abbiamo percorso quella salita insieme, stavolta circondati dal calore dei raggi del sole e da una natura benevola.
Quando si incrocia l’amore vero, non lo si fa per un istante, ma per tutta la vita.
Marco è tutto ciò che speravo che fosse, e anche qualcosa in più.
Ogni giorno mi regala qualcosa di prezioso, che gelosamente conservo nel mio baule a forma di cuore.
Mi accarezza, mi sorride, mi ascolta, mi parla, mi osserva, mi protegge, mi rimprovera, mi accudisce, mi supporta, mi avvolge.
E mi regala tanta cioccolata.
Ogni giorno un tipo di cioccolata diversa, un tipo di felicità diversa.
Io resto sempre senza parole; non credevo esistessero così tanti tipi di cioccolata, con tanti sapori diversi, tutti dolcissimi.
Marco è la mia cioccolata, è il dolce di cui la mia vita ha bisogno.
E allora sì, voglio ingrassare, rimpinzarmi di cioccolata.
Buonissima coccolata, dolcissima cioccolata, purissima cioccolata.
Buonissimo Marco, dolcissimo Marco, purissimo Marco.
Auguro al mondo intero tanto gusto nella vita, da svegliarsi la mattina e desiderarne ancora, e ancora.
Ti amo Marco e ti amerò per sempre.
Da quel giorno che mi sono accorta di te al giorno in cui chiuderò gli occhi per sempre, felice di averti avuto nella mia vita.
Da sempre. Per sempre.
© Ambra De Prisco


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VI edizione del Concorso Letterario nazionale "Maria Pina Natale"


La giuria composta da : Bonfiglio Katia ( docente di italiano e latino ), Imbalzano Ella ( critico letterario ) Crisafulli Sartori Anna Maria ( critico letterario ) Rina Pandolfo ( Scrittrice ), ha scrutinato i lavori pervenuti e dopo attenta valutazione ha proclamato i vincitori della VI edizione del Concorso letterario nazionale ” MARIA PINA NATALE “.
Tra questi ultimi compaio anche io che con il racconto inedito “La Trasmigrazione”, mi sono classificata al secondo posto.
Il critico letterario Ella Imbalzano ha così motivato l’assegnazione del premio letterario: “Con delicatezza ed obiettività d’analisi, affettuosa ed implacabile insieme , il racconto (diramato in breve, peraltro, in più personaggi di riferimento) delinea il profilo di una personalità caratterizzata da un’amabile disposizione a comprendere uomini e situazioni, ma anche da una tendenza all’immedesimazione emozionale, fortemente pronunciata, al punto da farsi acritica. Il caos interiore che ne deriva trova il minuto scandaglio di un’osservatrice esterna al personaggio perno della narrazione, scandita per brevi sequenze diaristiche: uno scandaglio mediato dal filo conduttore di una levità narrativa alla quale risponde una levità di espressione verbale che nulla sottrae alla profondità del significato”.
La cerimonia di Premiazione, che ha avuto luogo venerdì 11 marzo 2011 alle ore 17 nell’Aula Magna del Liceo classico ” F. Maurolico ” di Messina, è stata intensa, vibrante, emozionante, bellissima.
Ringrazio quindi gli organizzatori dell’evento ed i cultori dell’arte letteraria presenti.
Questo è il mio primo letterario, e lo porterò sempre con me, come la voglia e la forza di continuare a scrivere che mi ha dato!
L’ultimo grazie va alle care persone che ho conosciuto e con le quali ho passato una splendida giornata e alle 2 persone che mi hanno accompagnata in quest’avventura fantastica, le mie due migliori amiche, Rosa e Teresa a cui, oltretutto, era dedicato il racconto.
Grazie mille a tutti voi!!!

http://www.mariapinanatale.it/

La trasmigrazione (premiato VI edizione del Concorso Letterario nazionale "Maria Pina Natale")

“Chiacchierano amabilmente quelle due ragazze”. Questo è quello che pensano gli altri quando ci vedono parlare.
Se c’è qualcuno che ci osserva articolare parole e ritiene che il nostro comunicare sia un semplice chiacchiericcio, un discorrere, un conversare su argomenti di poca importanza o un parlare a vuoto, allora si sbaglia. Non è possibile ricondurre le nostre confidenze a delle semplici “chiacchiere”.
Io e lei non chiacchieriamo. Io e lei ci raccontiamo l’anima, ce la regaliamo ogni giorno e ci facciamo confessioni che non avremmo il coraggio di fare nemmeno a noi stesse, neppure quando siamo da sole.
Ho capito più cose di me da quando la conosco che in tutta la mia vita. Lei è il mio specchio, attraverso il quale riesco a vedermi nitidamente.
Non è possibile ricondurre a mediocri racconti di vita vissuta, a pettegolezzi, a sterili considerazioni sul tempo, al carovita o al tradimento il rivelare la propria anima e l’aprire il proprio cuore.
Mentre le confesso chi sono realmente, non mi interrompe mai perché è intenta ad ascoltare le mie parole e solo quando la mia esposizione volge al termine mi mette a conoscenza delle sue opinioni. Non si concentra sul dare giudizi o muovere critiche perché la sua volontà è solo quella di mostrarmi un differente punto di vista, dal quale mi lascia libera di discostarmi.
L’amicizia è l’appoggiare qualsiasi scelta l’amico faccia nonostante non la si condivida, e Viola questo lo sa bene.
Ho al mio fianco un’alleata con la mano protesa, pronta per la battaglia, in qualunque modo essa si presenti; non ho alcun timore che mi abbandoni o che mi punti il dito contro, come potrebbe un’antagonista in attesa della caduta in errore, della mossa falsa.
Parliamo tanto, troppo; probabilmente è vero, ma è più forte di noi. C’è sempre qualcosa su cui ragionare, qualcosa da sviscerare, da analizzare, da definire…
Le ragioni di cotanto confrontarsi sono l’estrema fiducia e l’immensa stima reciproca, che ci inducono all’apertura totale.
Siamo un flusso incondizionato, una lava di parole, violenta, pericolosa, rovente, temibile e al tempo stesso genuina, come ogni evento naturale che si rispetti, sia esso la fioritura delle orchidee o il terremoto, sia esso miracoloso o devastante.
Ogni emozione che condividiamo, ogni sensazione che ci descriviamo sembra appartenere empaticamente ad entrambe. Un’umiliazione subita, un dolore, un amore perduto, un’offesa sembrano dischiudersi e acquisire chiarezza nelle nostre parole, sembrano rivelarsi a noi solo attraverso l’analisi a due.
La ascolto attentamente quando parla e tante volte non condivido il suo punto di vista. Irascibile come sono, parto in quarta e le dico cosa ne penso; lei si mostra paziente e mitiga il mio stato d’animo, con semplicità, Viola è fatta così.
E’ leggera, semplice, sensibile, buona, immediata, disponibile ed onesta con gli altri; estremamente severa ed obiettiva con se stessa.
Solitamente, le persone tendono a giustificarsi del proprio operato, a rendersi la parte lesa di una situazione. Viola fa esattamente il contrario: è capace di comprendere e giustificare chiunque, anche dinnanzi ad un errore inammissibile ma non riesce a perdonare se stessa per i suoi sbagli, seppure di poco conto.
Ultimamente quando la mattina ci incontriamo è taciturna e il suo silenzio mi trafigge come una lama appuntita, mi disarma.
Do inizio allora alla raffica di domande, che lei accoglie, come al solito, con estrema serenità. Ho bisogno di capire cosa abbia causato in lei, così prolissa, questo innaturale mutismo. “Quando sono agitata preferisco restare in silenzio” mi risponde. Non è un gran periodo per lei. E’ incerta, dubbiosa, agitata, perplessa, impaurita. Teme di stare sbagliando tutto con la sua vita.
E continua dicendo: “Adesso, però, non ho né la voglia né la forza di rimettermi in gioco”.
Viola ha 30 anni, e una serie di relazioni amorose poco fortunate alle spalle. La prima, quella della fase adolescenziale, è durata ben 6 anni. Nonostante l’amasse, Armando ha perfettamente vestito i panni di fidanzato asfissiante, paterno e iperprotettivo per tutta la durata della loro storia, finita a causa dell’esaurimento nervoso di Viola, causatole da tale pressione psicologica.
Poi, è stata la volta dell’amore fantastico con Gjoni, ragazzo kosovaro conosciuto durante una vacanza a Londra.
La loro relazione è durata circa un anno durante il quale Viola, oltre a spendere metà della sue giornate aggrappata alla cornetta telefonica, non ha fatto altro che viaggiare da e verso la Gran Bretagna. Lui era bellissimo, come il sogno di poter fuggire lontano da casa. C’erano solo due piccoli problemi: la distanza e la religione di lui.
Da bravo musulmano, Gjoni aveva programmato di portare con sé Viola in Kosovo prima o poi e di renderla sua moglie, cosa che avrebbe dovuto naturalmente trasformarla in una donna musulmana dai sani principi, velo compreso.
Gjoni sperava che lei avrebbe rinunciato bonariamente alle sue radici “corrotte” e che fosse stata favorevole ad abbandonare tutto, per lui.
Dinnanzi a tale prospettiva, Viola inorridì e preferì ritornare a condurre un’esistenza “viziosa” e “perversa” piuttosto che ritrovarsi un giorno, senza la sua identità, lontana da casa e dalla sua stessa indole ad interpretare un personaggio che non le assomigliava per niente.
Dopo l’intermezzo Gjoni, ecco arrivare l’animale da palcoscenico, il cabarettista Roberto. Tre anni socialmente fantastici, privatamente deprimenti.
Lui da allegro, spigliato, coinvolgente ed attivo quale era se contornato dai suoi amici, si trasformava in un appesantito pantofolaio quando si trattava di esaudire il desiderio di “socialità” della sua fidanzata.
Se Viola gli manifestava la voglia di uscire, inventava delle scuse, le più disparate pur di rimanere a casa; la realtà è che la tradiva virtualmente, di notte, in chat.
Durante l’esalazione degli ultimi respiri di questa alienante relazione, Viola riuscì a superare le selezioni indette dall’azienda dove ci siamo, un anno dopo, incontrate noi.
Questo lavoro le ha letteralmente cambiato la vita: non solo le ha permesso di conoscere me, ma le ha fatto incontrare anche “lui”, la pena più dolce che abbia mai provato.
Fu subito amore, e consequenziale fu la rottura senza troppi strascichi con Roberto.
Viola si invaghì subito di Salvatore e, da donna innamorata quale era, si curò poco di celare i suoi sentimenti.
Il gentil sesso è così: se ama, vuole che il destinatario del sentimento ne venga a conoscenza quanto prima.
Ma in amor vince chi fugge, è una storia vecchia quanto il mondo.
Nonostante alla base ci fosse un interesse, quando Salvatore cominciò a percepire che Viola sarebbe stata alle sue regole ne approfittò, ferendola profondamente.
Il rapporto cominciò ad arricchirsi di assenze, compromessi, cattiva comunicazione, pianti, tensione e stress.
Convinto di rendersi sempre più desiderabile, Salvatore cominciò a rimandare gli appuntamenti e a diradare le telefonate, cosa che rese Viola sempre più nervosa e agitata.
Il desiderio di passare del tempo con lui accresceva di giorno in giorno, come le notizie sempre più sconcertanti che le giungevano all’orecchio sul suo conto.
Quando l’ho conosciuta io, Viola era totalmente immersa in lui ed in quell’amore impossibile e complicato.
Un sentimento forte, oserei dire ossessivo, come lo sono tutte le grandi passioni.
Lei lo amava per i punti in comune e per la sintonia sessuale, per le risate condivise e per il suo odore, e un po’ perché, e sono parole sue, “è l’unico uomo che non mi ha voluta”, l’unico che le ha dedicato poco tempo, che non le ha dato certezze, che è rimasto desiderio, che non si è trasformato in “quotidianità”.
Non credo che si sia incaponita, ma è sicuramente molto dura accettare il non essere corrisposti quando si ama, ritengo che sia tra le prove più difficili che un uomo debba affrontare.
Una volta provato un forte desiderio, un’attrazione fatale, la sintonia totale con una persona, ci si convince che non si proverà mai più nel corso della vita una sensazione di completezza simile.
E credo che la grande paura che attanagli Viola sia proprio questa: il doversi accontentare, perché la migliore alternativa è già stata assaporata, e non tornerà di nuovo.
Dopo un anno di lacrime e di tira e molla con Salvatore, Viola ha finalmente incontrato Andrea, il ragazzo con cui è adesso, una fra le migliori persone che io abbia mai conosciuto.
Andrea è riuscito ad avvicinarla a sé pian piano, con l’amore e la pazienza.
Grazie alla presenza fissa di Andrea accanto a lei, Viola ha cominciato a maturare l’idea di meritare di più e di poter aspirare a qualcosa di più per se stessa, qualcosa che andasse oltre i rari incontri fugaci e le rare telefonate.
E l’alternativa a tanta sofferenza era a portata di mano, proprio di fronte a lei e già da un bel po’ di tempo.
Più Viola tendeva verso le attenzioni e la dolcezza di Andrea, più l’assenza e l’indifferenza di Salvatore sembravano lontane, come i brutti ricordi legati al dolore e al disinteresse di lui.
L’opzione era colma di amore, dedizione, affetto, rispetto e comprensione ma emulava poco l’alternativa passionale e sensitiva che era nella sua mente e fra le sue braccia, fino a poco tempo prima.
Nonostante io ritenga che Andrea sia davvero innamorato di lei, che possa renderla felice e che Viola a modo suo ricambi il sentimento, in cuor mio temo che Viola non abbia smesso di pensare alla sua “alternativa”, che sento essere una presenza ancora forte dentro di lei.
Ogni volta che litiga con Andrea, lei ritorna a fantasticare “sull’unica persona che non l’ha voluta” e immagina come sarebbe stata la sua vita se avesse saputo giocare meglio le sue carte.
Purtroppo, però, la vita ci consente di vagliare solo ciò che ci è già accaduto, non quello che ci piacerebbe accadesse.
A chi non è capitato di immaginare nella propria testa una vita perfetta condivisa con l’anima gemella?
Nel mio caso, l’immaginazione mi spinge solo a guardare al futuro, perché ho già accanto l’unica persona al mondo che potrei amare.
In altri casi invece, capita che il sogno conduca molto lontano dalla realtà, con lo scopo di regalare alcuni attimi di una serenità e di una felicità tali da non poter essere realizzate nelle condizioni ordinarie che scandiscono la vita di tutti i giorni.
L’equilibrio tra l’avere ed il voler avere è così labile; e Viola sembra una funambula in bilico, sospesa in aria a molti metri da terra.
Alcuni giorni le esercitazioni vanno bene; talvolta, però, un pensiero o una distrazione possono distoglierla e farla precipitare verso il basso.
Ecco la causa dei malumori, dei dubbi e delle agitazioni della mia amica.
Viola ha troppa paura che scavare dentro di sé la metta di fronte al fatto che non ha totalmente rimosso l’amore e il desiderio per Salvatore che, inconsciamente, spera rinsavisca e ritorni da lei.
Ecco perché adesso non ha né la voglia né la forza di rimettersi in gioco. Non vuole perdere ciò che ha conquistato con fatica, nonostante sia consapevole che Andrea non riuscirà mai a procurarle quella stato di benessere che ha posseduto quando non possedeva Salvatore.
Io non posso far altro che annuire; capisco perfettamente il suo discorso, ma proprio non riesco a vederla così. Sono troppo abituata a godermi la sua luce ed la sua solare luminosità per accontentarmi di tale grigiore.
Rispetto il suo stato d’animo ma so di doverla indurre ad affrontare la vita e a cercare l’amore vero, anche a costo di dover imparare ad appezzare la solitudine, come ho fatto io.
Non posso lasciarla nel suo stato di aberrazione; no, proprio non posso. I miei metodi per scuoterla sono discutibili ma ritengo il fine più che giusto quindi, come al solito, tralascio la forma e mi concentro sulle parole da dirle.
Lei ascolta e mi sorride come sempre e mi risponde che adesso non se la sente proprio di ricominciare da zero, poi tira fuori una delle sue battutacce tragicomiche sulla situazione e la tensione si trasforma in una fragorosa risata.
Il suo aspetto migliore è che ride continuamente, ha un’inclinazione innata per la battuta. Ride di tutto e per tutto, riesce a ridere di se stessa e della sua vita, così burlesque a volte, come pochi sanno fare. Anche quando è triste, e negli ultimi tempi lo è spesso, non riesce a rinunciare ad una bella risata. A pensarci bene, nemmeno a due belle risate. Se potesse riderebbe sempre.
Nonostante non le vada di parlarne, non prende sottogamba le mie parole, io la conosco bene, forse meglio di chiunque altro e so che tornerà a casa e si metterà a riflettere, so che si interrogherà severamente. E’ il bivio che le fa paura, e non indugia a confidarmelo.
Ha una sensibilità profonda, certe volte controproducente: può sembrare assurdo, ma io e lei ironizziamo su tutto, anche su certe sue “trasmigrazioni”.
E’ una comica nata, e come tutte le persone dalle stanze solari, ha dei corridoi bui come la notte.
Eravamo in palestra, in corsa sul tapis roulant quando lei mi rende partecipe di una delle sue ultime riflessioni sulla vita degli altri e sul suo futuro quando io le rispondo: “ no! E’ un’altra delle tue trasmigrazioni?” e giù a ridere di gusto.
Ebbene si, Viola tende a trasmigrarsi nel corpo degli altri, nella vita degli altri.
Insoddisfatta com’è in questo periodo, teme di fare la fine di alcuni dei soggetti tra i più disperati che conosciamo e la cosa non le piace. Va nel panico, si agita e cerca di convincersi che riuscirà a cambiare il suo destino, che sarà fiera di se stessa, che non farà la loro fine.
Le trasmigrazioni vanno spiegate, però; ho deciso, quindi, di riportare alcuni esempi, temo di dover aggiungere veri, riguardo alle trasmigrazioni di Viola in altri corpi.
Un po’ di tempo fa, mi arriva una telefonata disperata.
E’ Viola che mi racconta di aver ricevuto una chiamata da una sua collega d’università, una persona che ha frequentato per lungo tempo ma con cui si è persa di vista, una ragazza che, caratterialmente, è il suo opposto. Una persona, a parere mio, davvero poco rispettabile: un’arrivista, un’egoista, superficiale e superflua, spesso fuori luogo.
Una donna che sceglie in base alle necessità il gruppo di amici da frequentare ed il fidanzato in relazione al suo conto in banca, in che cosa potrebbe somigliare a Viola? Così onesta, così limpida, così generosa?
Viola mi racconta che durante la telefonata, questa per così dire “amica” le rivela di essere incinta del suo neofidanzato e in più le aggiunge:” anche se inaspettato, avere un bambino è pur sempre un investimento per il futuro. Prima o poi avrei dovuto metterlo in cantiere, quindi meglio adesso, così lui potrà dire di avere una madre giovane”.
Cosa dire della scelta del padre del bambino? Lei non lo conosceva da più di sei mesi!! E come non parlare dell’amore?? Come si può pensare di avere un figlio senza prima valutare la stabilità e la completezza del rapporto col partner?
Panico. Viola non riesce ad essere razionale quando le partono gli scatti d’ansia e i dubbi.
Al momento, non essendo sicura dei sentimenti che prova verso Andrea, non vorrebbe mai essere costretta da una gravidanza a prendere la decisione di metter su famiglia.
Ecco che parte, allora, la trasmigrazione.
Se fosse capitato a lei di restare incinta? Se la vita avesse costretto lei ad impegnarsi senza certezza alcuna? E se un momento di irrazionale passione la legasse all’uomo sbagliato per sempre?
Panico. Tensione. Sofferenza. Viola è fatta così. Si prende sul serio, anche quando le partono ragionamenti insensati.
Quanto tempo ci ho impiegato a calmarla!!! Perché quando parte è un treno e se è in uno di quei momenti di buio non riesce ad essere razionale.
Vogliamo parlare di Carla? Altra crisi esistenziale.
Io e Viola, oltre ad essere amiche, siamo colleghe di lavoro. In realtà, se non fosse stato il lavoro a farci incontrare probabilmente mi sarei persa un mucchio di momenti speciali che ho condiviso con lei, da quando abbiamo cominciato a frequentarci.
Non credo sia semplice, da una certa età in poi, dare una chance all’amicizia; a 27 anni, dopo una serie infinita di cattive esperienze intercorse dall’adolescenza in poi, ci si convince che non sia il caso di riporre cieca fiducia nelle persone che si incontrano e di dare loro la nostra amicizia, la nostra anima.
I discorsi razionali valgono per la maggior parte dei casi, non quando però, il cuore ci dice che una persona merita davvero.
La nostra amicizia è stata un colpo di fulmine: ci siamo parlate, abbiamo riso e abbiamo deciso di dedicarci del tempo. Da quel giorno dedico a Viola e alla nostra amicizia almeno 3 ore al giorno.
Ma parliamo di Carla, la trasmigrazione numero 2.
Carla è una nostra collega, “sotto nostra osservazione” da un po’ di tempo.
E’ una donna di 37 anni, single, esteticamente male e poco curata con alle spalle una storia familiare di oppressione, subordinazione e umiliazione, ragion per la quale non disdegna la compagnia di uomini sposati per sopperire alla solitudine che la circonda.
Mi ha raccontato che la madre, durante tutta la sua vita, non ha fatto altro che ribadirle la sua incompletezza ed inadeguatezza.
Credo fortemente ci sia una connessione tra questo tormento psicologico e la sua continua sottomissione agli altri e sono convinta che questo sia il motivo per il quale si accontenta di storielle di sesso con uomini già impegnati, senza reclamare il minimo impegno o del tempo supplementare.
E’ una persona buona, ma pare che tutti si approfittino del suo non saper dire di “no”.
Parte sconfitta in partenza e non intende mettersi in gioco; si accontenta dei piccoli attimi che le persone le dedicano e per il resto del tempo si crogiola nella sua infelicità.
Carla è quello che una donna della sua età non vorrebbe mai essere: sola, incompresa, insicura, debole, oppressa, vinta e sottoposta.
Carla è quello che Viola non vorrebbe mai diventare.
Ma è più forte di lei, deve trasmigrarsi.
“Se continuo a vivere di incertezze come sarà il mio futuro? Se non capisco in tempo i miei sentimenti e non prendo le decisioni giuste finirò col restare da sola? se non prendo posizioni nette e non riesco a dire di no finirò con l’essere sottoposta agli altri?”
Di nuovo panico, tensione e sofferenza che si susseguono in lei. Viola è fatta così. Si prende sul serio, anche quando le partono ragionamenti insensati.
E tocca a me riportarla sulla Terra.
“Cosa c’entri tu con Carla?” le chiedo. E poi proseguo.
“Le persone ti stimano moltissimo e il fatto che tu sia buona e disponibile non fa sentire nessuno autorizzato a prendersi gioco di te. E nessuno lo fa, anzi. I nostri amici ti cercano in continuazione perché sei allegra, sincera, onesta e disponibile all’ascolto. E ti dico un’altra cosa: tu non resterai da sola, e riuscirai a stabilire presto cosa è giusto per te, vedrai. ”.
Lei non appare agli occhi di nessuno una canna al vento, travolta dagli eventi, anzi chi ci circonda la stima perché sono davvero poche le persone trasparenti quanto lei.
Anche se non riesce a riconoscersi, Viola è tutti e in tutti gli aggettivi che ho usato per descriverla, con un’aggiunta. E’ una donna in transizione, in un periodo di scelte difficili.
Chi di noi non ha mai avuto un empasse nella sua vita? Siamo tutti deboli, allora? Ma chi ha detto che le decisioni, quanto più radicali, debbano essere prese dall’oggi al domani? Il nostro essere prudenti e riflessivi ci disegna deboli ed indecisi?
Io credo che il saper attendere il momento giusto ed il saper cogliere i segnali che ci vengono lanciati lungo la via sia segno di grande sensibilità ed intelligenza, non certo di fragilità ed insicurezza.
Viola non resterà sola, mai. Prima di tutto perché io sarò sempre al suo fianco e poi perché è davvero un essere speciale.
Non se la lasceranno scappare. Spero solo che riesca ad amare di nuovo, con quella forza, quell’impeto, quel desiderio e quella dedizione che conosce bene.
So per esperienza vissuta che una volta che si prova il grande amore, il resto della vita lo si passa a fare paragoni e fino a quando non si prova qualcosa di perlomeno paragonabile, si sopravvive nell’incompletezza e nell’insoddisfazione.
Ma se si ha avuta in dono la scoperta dell’amore, si è degni di tutto il resto.
Si è meritevoli della sofferenza, della riflessione, della forza, della debolezza, delle difficoltà e delle soddisfazioni, della gioia e anche della tristezza.
E se si è degni di essere uomini dall’animo puro e profondo, non si passerà inosservati su questa Terra.
Passerà, questo è ciò che posso dirle. Avremo tempi migliori, questo è ciò di cui sono certa.
Saremo insieme fianco a fianco come due alleate e rideremo. Sempre, di tutto perché è la cosa che ci riesce meglio.
Spero proprio che la sua prossima trasmigrazione sia in me; vorrei proprio che si guardasse attraverso i miei occhi e che sorridesse, fiera di se stessa.
©Ambra De Prisco



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